
E' un percorso piuttosto comodo, che si sviluppa su strada sterrata, in mezzo al bosco, per il quale occorrono tre ore di cammino e che collega Trecciano con il santuario della Selva. Questo permette, pertanto, di percorrere tutta la zona di Monna a mezza costa, al di sopra della maggior parte dei centri abitati. Delle vie agevoli, sempre sterrate, collegano a intevalli quasi regolari la strada con le varie località: Colle di San Polo, San Polo, Caroni (attraverso Gorfi) e Manzi.
L'intinerario parte da Trecciano, posto sostanzialmente lungo la via che collega Caprese con l'Alpe della Faggetta. L'antico castello di Trecciano non sorgeva però nel luogo attuale ma in posizione dominante sull'alta collina alle spalle del villaggio, lungo lo spartiacque con la profonda conca della Lama.
Il paesaggio è apertissimo: lo sguardo spazia dalla Romagna, con il Monte Fumaiolo, fino al lago di Montedoglio. Di fronte, al di là del corso del Singerna, si ha una prima linea di colline con, nell'ordine, il colle della scomparsa abbazia di Dicciano, Poggio Rosso e Fungaia. Oltre a queste, separata dalla valle del Tevere, l'imponente mole dell'Alpe della Luna.
Trecciano si trova nel punto in cui terminano le aree coltivate e i pascoli ed inizia la grande foresta dell'Alpe della Faggeta. Poco dopo, oltrepassato il gruppo di case di Cà del Lucchio, ci si inoltra nel bosco. Dopo aver attraversato le limpide acque del torrente Cerfone si giunge, all'altezza di Colle di San Polo, agli splendidi castagneti delle “Terre Gialle”. Il nome del luogo è dato dalla particolare colorazione del terreno, di un ocra intenso, a tratti rossastro, dove prosperano i secolari castagni.
Continuando nel bosco, nel quale comunque si nota la presenza di una secolare antropizzazione si nota, in basso, l'ampio prato perfettamente pianeggiante sul quale sorgeva un tempo il castello di Priello. Si trattava di un vero e proprio villaggio, di nome Perillo, con le abitazioni e la sua chiesa, dedicata prima a San Pietro e quindi a Santa Lucia. Secondo gli antichi documenti San Francesco, in uno dei suoi viaggi verso la Verna, aiutò a restaurare questa chiesa, come fece poco dopo con quella di San Polo. Niente rimane dell'antico passato: c'è solamente il vasto prato erboso con una vista splendida che va dalla Verna al paese di Caroni, giù in basso, e all'Alpe della Luna, di fronte.
Attraversando ancora il bosco si giunge quindi al caratteristico borghetto in pietra di Selva Perugina, il cui nome dialettalmente si è trasformato fino a diventare Samprocino. E’ collocato al limitare dei castagneti, da un lato, e i campi e i prati, dall’altro. Vicino al borghetto, in mezzo a un magnifico castagneto si arriva al santuario della Selva, solitario nel silenzio della foresta.